Tutto nasce da questa immagine trovata per caso in una bellissima raccolta di illustrazioni antiche della stampa francese. E' stata pubblicata il 17 Marzo 1892 dalla rivista "L'Intransigeant Illustré", una testata francese che costituisce versione illustrata de "L'Intransigeant", un giornale fondato nel 1880 da Henri Rochefort, un personaggio letterario parigino dalla vita a dir poco rocambolesca, il cui racconto meriterebbe una storia a parte. Nell'"Illustré" si scorge chiaramente una chiara inclinazione al macabro, al morboso e al discinto, una cifra assai comune tra le riviste illustrate dell'epoca e che rimarrà nelle fibre di tali edizioni per moltissimi anni a seguire.
Incuriosito dal titolo, ho iniziato a fare ricerche online, inizialmente pensando alla Mondovì italiana (con buona pace degli abiti non proprio piemontesissimi dei personaggi sullo sfondo). E qui, la prima scoperta: esiste in Algeria un città, oggi chiamata Dréan, che per molti anni si è chiamata Mondovi, senza accento, tanto in francese non fa differenza.
Il suo nome deriva in effetti dalla cittadina piemontese: dal 1830 le truppe di Luigi Filippo vanno infatti alla conquista della provincia ottomana e i primi coloni al seguito battezzano il villaggio appena fondato con il nome beneaugurale della città piemontese dove, fra il 20 e 21 aprile 1796, il giovane Bonaparte aveva umiliato le truppe austro-sarde.
Su Dréan, c'è poco da dire, tranne le grandi coltivazioni di tabacco e arance, e che nel 1913, da una povera famiglia di pieds-noir, ci nasce lo scrittore Albert Camus. Se però volete saperne di più c'è un sito molto brutto ma pieno di fotografie e informazioni.
E qui la faccenda si complica: pur ricercando negli annali della città di Mondovi per l'anno di pubblicazione dell'illustrazione, non viene riportato alcun evento notevole legato ad un "prigioniero". Qualsiasi ricerca su internet, per testi o immagini, riporta alla testata della rivista o alla illustrazione di Monteout qui sopra riportata. Il mistero del prigioniero di Mondovi sembra perso nella nebbia del tempo, e nessuna fonte ufficiale sembra averne tracciato la storia.
Purtroppo "L'Intransigeant Illustré" non è consultabile online, a differenza della sua versione più economica che riportava solo i testi degli articoli. Mi viene quindi l'idea di andare a cercare su questa versione, dello stesso giorno, dei riferimenti al nostro misterioso prigioniero. Ma non c'è nulla: probabilmente le due testate non procedevano in modo allineato rispetto ai temi trattati.
Ormai sto per rinunciare, e rassegnarmi al fatto che non saprò mai la storia del prigioniero di Mondovi, quando mi viene un'altra idea: consultare altri giornali francesi dello stesso periodo, cercando informazioni su Mondovi per il mese di Marzo 1892.
Ed ecco, su "L'Autorité" del 9 Marzo 1892, viene finalmente svelato il segreto del "Prisonnier de Mondovi":
Si tratta di uno scandalo locale riguardante un povero ubriacone, rinchiuso in cella e dimenticato senza cibo né acqua per ventiquattro giorni dai carcerieri e ritrovato in stato di avanzata decomposizione all'apertura della cella per incarcerare altre due persone.
L'articolo prosegue con toni molto critici sulla disumanità del gesto, avvenuto in una prigione francese a tutti gli effetti, e su come la condotta dei carcerieri sia inadatta alla civiltà moderna ("Durante la Terza Repubblica e cento anni dopo la presa della Bastiglia", sostiene l'autore indignato). I carcerieri si difenderanno dicendo che probabilmente il prigioniero era morto la prima sera, quindi non ne hanno potuto sentire le grida o i lamenti, ma è evidente che come scusa è molto debole: in ogni caso avrebbero dovuto controllare il prigioniero e portargli cibo e acqua.
Il povero malcapitato rimane senza nome, ma la sua storia è rimasta tracciata almeno in questi trafiletti, pieni di sdegno per l'esistenza di galere ancora così disumane sul territorio della Repubblica Francese, e fa specie oggi notare come già all'epoca in Francia ci fosse una così grande attenzione per il trattamento carcerario, tanto più in territori coloniali, tale da destare uno scandalo che, all'epoca, fece abbastanza scalpore da spingere almeno due testate a scriverne nelle prime pagine e a far arrivare questa triste e macabra storia fino ai giorni nostri.